Cartoline introspettive

CARTOLINE INTROSPETTIVE

Fuori piove notte e piovono note. Musicano nere gommose dalle dita di Bach. Cadono a terra rimbalzano due volte le ho contate. A volte tre volte come ragni. Note ragni che fiumano e salgono e si finestrano entrando nel letto e io non riesco a dormire ho paura. Dov’è il biondo camice bianco grandi tette che fa tic tac quando arriva? Cerco coltello ma trovo cucchiaio; cucchiaio non taglia. Ho paura. Urlo e tic tac biondo camice bianco grandi tette corridoia e mi pillola in bocca, bicchierandomi acqua. Fuori piove notte e piovono note, musicano nere gommose e li cucchiaio in aria prima che mi orecchino e mangio musica nera gommosa e mi addormento. Oggi notte però cartolino. Domenica mattina mi vieni a trovare o sarai ancora morta?
Simone, (Ospedale Psichiatrico Giudiziario F. Saporito, Anversa)
Filippo Nativo

Desidero che tu sappia che la mia vita scorre guardando il display di un telefono che non si illumina, una porta che non si apre e aspettando una sorpresa che non arriva. Ti scrivo allora, perché tu senta che non occorre che ritorni: il dolore che ha provocato la tua assenza è da tempo una sicura compagnia, e come sai io sono fedele…
Pieranna D’Alberti

Mia adorata Gina,
qui la vita procede.
C’è sempre la primavera. E l’amore. Il cielo è sempre blu. Le nuvole corrono rapide nel cielo. Al parco dove andavamo, i bambini giocano sempre come piaceva a te.
Sto leggendo quel libro che adoravi. E avevi ragione. E’ bello.
Provo sempre emozioni. Anche a ricordare come tu mi baciavi, senza infinito.
Vorrei tanto che tu fossi come eri. Piena di vita. Vengo tutti i giorni da te. E tu stai li. Come una pianta. Sempre verde, sempre bella. A volte mi domando che senso ha.
Vorrei staccare tutto e farti morire. Farti andare via, non so dove. Ma penso che sarebbe un posto più bello di dove sei ora.
Eri così… Viva.
Mi manchi. Mi manco, senza te.
A Ospedale XXX Reparto terapia intensiva. Roma.
Giacomo Uncino

Un paesaggio assolutamente perfetto.
Niente da dire.
Guardare quei seni affacciarsi sulle lenzuola, i fianchi imponenti che rubano luci e ombre al profilo lontano dei cuscini, le gambe trattenute nel sonno dalla spirale delle coperte. Assolutamente perfetto. E il lago profondo dei capelli corvini, la bocca socchiusa che tramonta all’orizzonte… tutto assolutamente perfetto, ma non mi sento molto bene, mi sento vuoto, avariato. È la malaria della vita, quel male che mi prende quando non sono a casa. E questa stanza d’albergo, non è casa. E quella donna non sei tu. Ed è così tutto perfettamente diverso dall’amore. Non so se ti spedirò questa cartolina; la cartolina di uno squallido albergo di periferia. Così lontano da quel convegno di cui ti avevo parlato. Così lontano da quella felicità che mi ero raccontato.
Filippo Nativo

Ipotetiche cartoline – 5
È l’ultima cartolina. So che non hai mai letto nulla. Ti bastava guardare la firma per deciderlo. Quando te ne sei andato, hai detto che avresti reciso ogni legame. Neanche gli odori avresti rammentato. Ora sono partiti tutti. Il paese sbiadisce; molti vicoli sono scomparsi. Tengo in piedi solo alcuni muri, qualche scorcio, la piazza. Con i ricordi. Ancora per poco. Poi sarà come vuoi. Come se non ci fosse mai stato.
Tiziana Ortelli

Non riuscirei a raccontarti la bellezza che mi inonda gli occhi. Resterò qui, ancora per un po’…a tirare le sottane del giorno, perché non vada via, prima di aver preparato il sentiero alla trasparente meraviglia delle lacrime.
Teresa Fusco

Cara Cri,
sono stanca e vorrei riposarmi.
Mi hai sfruttata, con la scusa di farmi viaggiare in libertà. Ti sei aggrappata alle mie ali e hai volato a sbafo. Quante volte, stanca, ti ho supplicato di concedermi una breve pausa? Tu, niente.
Imperterrita, hai continuato a considerarmi una tua proprietà di cui poter disporre senza permesso, ogni volta che avevi voglia di creare, di scrivere. Ora mi sto prendendo un attimo per rigenerarmi. Guardo un po’ in giro, curioso tra la gente. Ti servirò, in futuro. Quindi, abbi pietà: lasciami tranquilla. Saprò farmi perdonare.
La tua fantasia
Cristina Prina

Cara Nina,
sapessi il dolore che ho nel cuore.
Lavoro duro, sotto terra. Non vedo il sole da giorni. C’è puzza e basta una scintilla per andare al creatore.
Mia Nina bellissima, mi mancano i tuoi occhi, il tuo sorriso. Ma qui, dove rischio la morte per quattro soldi da mandarti, quegli occhi e quel sorriso sono la vita e mi fanno andare avanti.
Mia Nina adorata, baciami Maria e Marco. Se resisto, è per voi. È brutto nascere poveri.
Carmelo
Giacomo Uncino

Solo così posso dirti addio.
Quell’addio che non riuscii a dirti mentre nella notte fingevo di dormire, appropriandomi fino all’ultimo istante del tuo respiro lieve accanto a me.
Odio questo stesso treno che mi portò da te in quella fresca mattina di primavera.
Quanto amore in quel nostro primo bacio e in quelli che seguirono negli anni.
A te, Vita mia, lascio il mio cuore.
A me restano i ricordi di un Sogno in valigia.
Irene Bolognesi

A lui.
Siamo pezzetti di anima scomposta dal vento e dalle notti del nostro vivere abbiamo dentro l’infinito e l’essenza del tutto e del niente.
Siamo un vuoto pieno di tutte le emozioni che riesce a contenere.
Un numero infinito.
Siamo solo fragilità dura e assenti a noi scivoliamo spesso in dense acque scure e la notte ci abita.
Deborah Campolo